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Patto di non concorrenza

Cos'è e cosa significa?

Descrizione del termine giuridico Patto di non concorrenza:

Il patto di non concorrenza è un accordo giuridico attraverso il quale una parte, solitamente un dipendente o un ex dipendente, si impegna a non esercitare attività in concorrenza con l’altro contraente, tipicamente il datore di lavoro o l’azienda per cui ha lavorato, per un certo periodo di tempo e all’interno di un determinato territorio. Il fine di tale accordo è proteggere il know-how e le informazioni commerciali sensibili dell’azienda.

In Italia, il patto di non concorrenza è regolato dagli articoli 2125 e seguenti del Codice Civile, nonché da vari principi giurisprudenziali che ne hanno precisato la portata e le condizioni di validità. Per essere valido, il patto deve essere scritto e deve prevedere un’indennità a favore del lavoratore, la quale deve essere commisurata all’obbligo assunto e alle eventuali limitazioni professionali che ne derivano per il lavoratore.

Il vincolo di non concorrenza deve rispettare il principio di proporzionalità: non può estendersi per un periodo di tempo eccessivo e deve essere limitato ad un’area geografica che non impedisca irragionevolmente alla persona di esercitare la propria attività professionale. Viene adottato spesso in settori ad alta specializzazione o nei casi di cessione di aziende e rami d’azienda, per evitare che l’ex titolare o i dipendenti possano sottrarre clientela e know-how appena acquisiti.

Qualora una delle parti violi il patto di non concorrenza, l’altra parte può agire in sede giudiziaria per ottenere il risarcimento del danno causato dalla violazione dell’accordo e, se previsto, l’adempimento in forma specifica dell’obbligo di non concorrenza. La giurisprudenza italiana ha inoltre precisato che il patto di non concorrenza non può essere imposto unilateralmente dal datore di lavoro, ma deve risultare da un accordo tra le parti.

Contesto giuridico in cui il termine Patto di non concorrenza può essere utilizzato:

In un contesto lavorativo, ad esempio, immaginiamo il caso di un alto dirigente che abbia lavorato per molti anni in un’azienda leader nel settore dei biotecnologici. Al momento del suo pensionamento, l’azienda potrebbe richiedere di inserire un patto per non svolgere attività concorrente per un periodo di tempo determinato e all’interno di una specifica area geografica. L’obiettivo dell’azienda sarebbe quello di proteggere le proprie ricerche e sviluppi di prodotti innovativi che il dirigente ha contribuito a creare e che, se divulgate, potrebbero avvantaggiare i concorrenti.

Se, nonostante il patto siglato, il dirigente inizi a lavorare per una società concorrente o avvii un’attività propria nel medesimo settore entro il termine concordato, l’azienda originaria può citarlo in giudizio per ottenere un risarcimento per la violazione subita e, laddove fosse possibile, l’attuazione coatta dell’accordo.

Un altro esempio può essere rilevato nel campo del commercio. Un rappresentante commerciale con una forte rete di contatti e profonda conoscenza dei clienti della sua zona potrebbe essere vincolato da un patto dopo la cessazione del rapporto di lavoro, in modo da non utilizzare le informazioni accumulate per sviare i clienti verso un nuovo datore di lavoro concorrente.

Questi patti rappresentano uno strumento importante per la tutela degli interessi aziendali, e devono essere utilizzati con attenzione e nel rispetto della legge e dei principi di correttezza e buona fede contrattuale. Essi sono un esempio significativo di come il diritto italiano si sforzi di bilanciare la protezione degli assets aziendali con la libertà di iniziativa economica e professionale dei singoli individui.

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